La Pietra dei Colli Berici

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Cinquanta milioni d’anni fa, la zona dei Colli Berici era interamente sommersa dalle acque; in quest’ambiente marino si è formata la Pietra Berica: un calcare di duplice formazione, clastica e biogena, risultato sia dalla deposizione di materiale marnoso trasportato dai fiumi al mare, sia dalla sedimentazione di scheletri   d’organismi acquatici, quali i foraminiferi e i bivalvi. In quei caldi mari vivevano innumerevoli specie di pesci e molluschi, mentre i fondali erano ricchi di coralli e d’alghe. La Pietra dei Colli Berici è chiamata anche pietra tenera, per la sua facile lavorabilità e si classifica, secondo il periodo di formazione, in due distinti gruppi: il primo è chiamato gruppo della Pietra di Nanto e comprende: il Nanto, il S. Germano, il Giallo Dorato, il Grigio Argento; pietre ascrivibili all’eocene, ossia databili a cinquantacinque milioni d’anni fa e caratterizzate dal colore giallo paglierino o grigio, dovuto alla presenza d’ossidi di ferro nella composizione chimica. Il secondo gruppo della Pietra di Vicenza risale ad alcuni i milioni d’anni dopo e comprende il S. Gottardo e il Bianco Avorio, caratterizzati dal colore bianco, dovuto alla purezza della massa calcarea.  Questa classificazione non può essere esaustiva, poiché la pietra è un materiale naturale e quindi variabile. Il diverso ambiente di formazione ne determina le caratteristiche salienti. I fossili in particolare, contenuti nella pietra stessa, rappresentano una sorta di DNA: oltre che essere arricchimento e decoro naturale sono per la pietra dato fondamentale di datazione e classificazione.

La Pietra di Vicenza è privilegiata fin dal tempo dei romani per la sua purezza e resistenza. È usata quindi per creare ogni elemento d’architettura, scultura di statue e oggetti decorativi da giardino. Deve le sue caratteristiche di resistenza alle intemperie al fenomeno della “carbonatazione”, attraverso il quale, l’acqua degli agenti atmosferici, penetra nella pietra e ne scioglie una parte di calcare che, in soluzione nell’acqua migra verso l’esterno, depositandosi poi sulla superficie a formare uno strato di calcite che ivi risolidifica, rendendo così il materiale più solido, meno poroso e meno intaccabile dall’acqua e dal gelo. Questa qualità della Pietra di Vicenza è osservata fin dai tempi antichi: la tradizione consiglia, infatti, di lavorare la pietra appena cavata prima che indurisca. Nella Pietra di Nanto tale fenomeno avviene in maniera minore, ma non per questo è meno adatta ad essere usata per esterni. È inoltre utilizzata come pietra d’architettura d’interni per il suo colore giallo intenso, sia per la realizzazione di stufe e caminetti, data la presenza di silice nella sua composizione chimica che la rende refrattaria.

Nel 1524 il giovane Andrea di Pietro dalla Gondola, battezzato poi Palladio, viene accolto a bottega presso gli scultori Giacomo da Porlezza e Girolamo Pittoni da Lumignano, che erano in contatto con i più grandi artisti e architetti del tempo, attivi con opere scultoree e d’architettura nella prima metà del cinquecento. Il giovane Andrea svolge il suo apprendistato come scalpellino a Padova sotto il maestro Bortolomeo Cavazza da Sossano, paese ai piedi dei Colli Berici; si cimenta nel disegno d’ornato, nell’incisione e nella scultura di elementi d’architettura. Queste conoscenze, gli serviranno più tardi, architetto ormai maturo, per ideare progetti nei quali la Pietra Berica diventa materiale pregiato per la decorazione e l’abbellimento delle più ricche architetture. Nelle ville da lui progettate sono in pietra i basamenti, i capitelli, gli architravi, i fregi, le cornici, i contorni delle finestre e delle porte, nonché gli scalini, i pavimenti, le balaustrate, le mensole per i balconi aggettanti. Le murature sono invece in laterizio intonacato: a quel tempo, infatti, era troppo costoso edificare completamente in pietra, alla maniera dei greci. Si seguiva principalmente la tecnica costruttiva romana, dove di pietra era solo il rivestimento esterno. Profondo conoscitore del materiale, Palladio riporta nella sua opera I quattro Libri dell’Architettura: “Le pietre si lavoreranno subito cavate : perché sarà più facile il lavorarle all’hora, che se per alcun tempo fussero state all’aere, essendo che tutte le pietre, quanto più stanno cavate tanto più divengono dure…” la ragione di questo fatto si spiegherà solo molti secoli più tardi. Palladio scrive anche dei ponti romani che c’erano a Vicenza: “Sono l’uno e l’altro di questi ponti fatti di Pietra di Costozza, la quale è pietra tenera e si taglia con la sega come si fa il legno”.